Kilimanjaro Porters Project

This photos has been shot in various camps on the slopes of Kilimanjaro.

Working around 4000 meters for a reportage of the hard conditions in which Kilimanjaro Porters work everyday.

Piove ormai da una mezz’ora quando mi accorgo che le gocce di pioggia iniziano a rimbalzare sul sentiero come tante minuscole palline di ghiaccio. Il ghiaccio inizia così lentamente a fermarsi sopra il poncho che ricopre lo zaino della mia guida.

Tempo di arrivare alla prossima deviazione del sentiero e la neve cade copiosa su di noi mentre sento i fiocchi spostati dal vento colpire il guscio del mio cappuccio in Gore-Tex in un crepitio continuo.

Questa mattina quando Dullah ci ha portato il thermos per il tè in tenda erano da poco passate le sei nel campo di Karanga (4034 mslm) poi una rapida colazione, si chiude lo zaino e siamo in cammino verso il campo di Barafu (4662 mslm). E’ ormai l’ultimo giorno di avvicinamento alla vetta del Kilimangiaro.

Da ore camminiamo ormai oltre la soglia dei quattromila e cinquecento metri, l’aria è sempre più rarefatta mentre i polmoni lottano per cercare di estrarre quel poco ossigeno che resta a questa altitudine. Attorno a noi una distesa di sassi lavici, neri e spigolosi, si perde all’orizzonte nella nebbia soffice che si fonde con le chiazze di neve che iniziano a delinearsi sui pendii. Questo paesaggio lunare lentamente si trasforma nella mia mente in un enorme pezzo di carta vetro utilizzato per levigare un mobile in legno con la parte abrasiva scura e crespa che si consuma e lascia affiorare la morbida carta bianca e lanuginosa del supporto.

Posiamo ogni passo con cautela per non scivolare sulla neve; in questo momento non si possono fare errori, l’ultima pista di soccorso che abbiamo incontrato è a tre giorni di cammino alle nostre spalle e la prossima è tremila metri di sentiero sotto di noi.

Mentre avanziamo sul sentiero ci sorpassano a destra e a sinistra delle grosse ceste, ora di tela cerata, ora di vimini intrecciato, con sotto un enorme zaino ed ancora più in basso delle gambe. Sono i portatori del Kilimangiaro, in maggioranza di etnia Chagga, che portano al prossimo campo tutta l’attrezzatura necessaria per il trekking. Alcuni portano le tende per il campo base, altre le bombole del gas, fornelli e pentole per la cena, altri ancora ceste stracolme di verdura fresca, altri ancora tavolini e sedie per alcuni escursionisti più facoltosi che non sanno rinunciare a quel minimo di comfort per loro fondamentale per cenare in una tenda a 4662 metri di altitudine.

“Le sacche con le sedie sono grosse ma sono leggere” ci rassicura la nostra guida alle nostre domande “nessun portatore può portare più di 25 chili, è una regola dei ranger del parco”.

Sto bevendo un sorso d’acqua dalla borraccia quando mi volto all’indietro e cerco di scorgere fra la nebbia la strada che ho appena percorso ed è in questo momento che scorgo Nyame.

Nyame è un ragazzino che dimostra poco più di sedici anni, un viso ancora imberbe, i capelli neri corti ed ispidi. Indossa una felpa verdone da baseball con il cappuccio, dei jeans scoloriti ed un paio di logore scarpe marroni da skateboard. I lacci della scarpa sinistra si sono strappati da tempo e ne hanno preso il loro posto un paio di uno scolorito verde fluo. Da dietro il tallone fra le scarpe e l’orlo dei jeans fuoriesce l’imbottitura della tomaia delle scarpe.

Nyame sale il ripido sentiero piegato sotto il borsone che porta non più in equilibrio sulla testa ma poggiato fra la nuca e lo zaino che ha in spalla. Tiene il grosso peso in equilibrio con entrambe le mani arricciando il tessuto sui bordi per avere una migliore presa sul carico. Le sue scarpe da ginnastica logore con la suola completamente liscia lo fanno scivolare ad ogni passo facendogli perdere l’equilibrio. Ogni passo avanti si tramuta in due indietro in un perpetuo esercizio di equilibrio.

Gli porgo il mio braccio per aiutarlo a proseguire ma lui non lo vede mentre cerca di salire uno sbalzo di roccia, piegato con la faccia rivolta verso terra, infine afferra la mia mano e passa oltre l’ostacolo. Nel chilometro che ci divide dal campo una guida di un altro gruppo gli si mette davanti e raddoppia sul posto con forza ogni passo per togliere lo strato di neve che ricopre i sassi ed aiutare Nyame a non scivolare. Nyame come camminando in campo minato poggia ad ogni passo il proprio piede su un’orma sul terreno cercando così maggiore sicurezza.

Ora la grossa sacca di tela che porta sulla nuca è tenuta in equilibrio da un angolo solo mentre con l’altra mano punta a terra il bastone da trekking che gli ho passato.

Quando arriviamo al campo Nyame poggia il suo carico davanti alla tenda dei suoi clienti. La grossa tenda gialla porta sui fianchi il logo ed il nome di uno dei più lussuosi e cari tour operator che organizzano trekking sul Kilimangiaro. I clienti che ridono e mangiano dentro la tenda hanno pagato mediamente a testa cifre oltre i $ 4,000.00. Nyame, uno degli oltre venti portatori del gruppo, oggi ha guadagnato poco meno di $ 5.00.

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To help please contact:

KPAP – Kilimanjaro Porters Assistance Project
www.kiliporters.org
info@kiliporters.org

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